Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Gabinetto reale con porta secreta.
 
 SCENA PRIMA
 
 ARTASERSE e AGAMIRA
 
 ARTASERSE
 (Tanto dimora Arsace?)
 AGAMIRA
                                              A te, mio sire,
595concedi ancor...
 ARTASERSE
                               Che? Non partisti, o donna?
 AGAMIRA
 Non s’adempie sì tosto un duro impero.
 ARTASERSE
 Né temi un re disubbidito e offeso?
 AGAMIRA
 Che mi resta a temer dopo l’acerba
 perdita del tuo amore, idolo mio?
 ARTASERSE
600Vane lusinghe. Impura donna, addio. (In atto di partire)
 AGAMIRA
 Signor, tu mi rinfacci un tuo delitto.
 Innocente sarei
 se a te meno piacean questi occhi miei.
 ARTASERSE
 Non più...
 AGAMIRA
                      Lo so, mio re. Non più questi occhi
605hanno il loro poter. Spento è il tuo foco.
 Siasi. Lo soffro in pace. Ah, solo almeno
 dell’amor mio non oltraggiar la fede.
 ARTASERSE
 Parlisi a core aperto. Odi, Agamira.
 Che tu m’ami, nol so. Solito vanto
610è di donna che inganna il giurar fede.
 Pur, s’è vero, un monarca
 assai paga l’amor con ringraziarlo.
 Che sia spento il mio ardor, qual colpa è questa?
 Amor non è un dovere.
615Se solo in libertà per genio si ama,
 con ugual libertà pur si disama.
 AGAMIRA
 (Odi ’l perfido!) Tormi,
 tormi dunque ti basti
 gli affetti tuoi. Lasciami ’l ciel natio.
 ARTASERSE
620No no, parti e ubbidisci.
 AGAMIRA
 Per ultimo conforto almen ti chiedo...
 ARTASERSE
 Che mai?
 AGAMIRA
                     Sol questo giorno al mio partire.
 ARTASERSE
 Concedasi; ma avverti
 con più lungo soggiorno...
 AGAMIRA
625Rispetto il cenno. (Ho vinto.
 È spazio ancor di gran vendetta un giorno).
 ARTASERSE
 
    A mio piacer io voglio
 amar e disamar.
 
    È libertà del core,
630è autorità del soglio
 prometter fé in amore
 e poi non l’osservar.
 
 SCENA II
 
 LIDO dalla porta secreta e i suddetti
 
 LIDO
 Presto, signor.
 ARTASERSE
                             Vengo ad Arsace incontro.
 LIDO
 Oimè, da mano ignota, oimè!...
 ARTASERSE
                                                           Che?
 LIDO
                                                                       Langue
635nel cortile vicino
 l’infelice trafitto.
 AGAMIRA
                                  (Oh degno figlio!)
 ARTASERSE
 Trafitto Arsace?
 LIDO
                                E moribondo chiede,
 pria di spirar, l’alto secreto esporti.
 ARTASERSE
 Andiam. Rie stelle! Iniqua destra! (Si parte per la porta secreta)
 LIDO
                                                                 Il core
640palpita per timore. (Segue il re)
 
 SCENA III
 
 AGAMIRA e poi CLEOMENE
 
 AGAMIRA
 Infausto colpo! È mio maggior periglio
 la mia prima vendetta.
 CLEOMENE
                                             Oh madre!
 AGAMIRA
                                                                    Ah, figlio!
 CLEOMENE
 Ucciso è Arsace.
 AGAMIRA
                                Ah, fuggi.
 CLEOMENE
                                                    Qual timore?
 Ad Artaserse io vengo,
645quanto intrepido più, tanto più ignoto.
 AGAMIRA
 Ferito è sì ma non è morto Arsace.
 CLEOMENE
 Morto non è?
 AGAMIRA
                            Corso è Artaserse e inteso
 avrà sinora il tuo misfatto e il mio.
 CLEOMENE
 Oh dei!
 AGAMIRA
                  Vanne ed occulto
650nelle mie stanze il dubbio evento aspetta.
 CLEOMENE
 Ah, dove mai ci trasse ira e vendetta!
 
 SCENA IV
 
 AGAMIRA e poi ARTASERSE che ritorna dalla porta secreta
 
 AGAMIRA
 
    Oggi tutte al mio dolor,
 d’odio armate e di furor,
 congiurate,
655stelle rigide e spietate.
 
 ARTASERSE
 (Misero Arsace e più infelice padre!
 Un tuo figlio t’insidia?)
 AGAMIRA
 (Un suo figlio!)
 ARTASERSE
                               (E lo spinge
 donna, anzi furia al parricidio enorme?)
 AGAMIRA
660(Certa è la mia sventura).
 ARTASERSE
 (Né gli basta il tuo sen, che immerger tenta
 nel sen fraterno ancor l’infame acciaro?)
 AGAMIRA
 (Tutto purtroppo è noto).
 ARTASERSE
 (Disegno iniquo! Abbominevol voto!)
665Ma vendetta, vendetta. A me la chiede
 l’estinto Arsace, la giustizia, il grado,
 la natura, la legge, il mio periglio.
 Non son più padre a chi non è più figlio. (Furioso per partire)
 AGAMIRA
 Ferma e perdona...
 ARTASERSE
                                      Il grave,
670l’orrendo eccesso è di perdono indegno.
 AGAMIRA
 In me prima, o signor, stanca il tuo sdegno.
 ARTASERSE
 Tanto zel per Idaspe e Spiridate?
 AGAMIRA
 Idaspe... Spiridate...
 ARTASERSE
 L’un di essi è il reo, l’un di essi,
675spinto da iniqua donna,
 vuol torre il padre ed il german di vita.
 AGAMIRA
 (Quasi un cieco dolor mi avea tradita).
 Ma qual?...
 ARTASERSE
                        Volesse il cielo
 che tronchi non avesse i fidi accenti
680ad Arsace la morte.
 Su l’empia donna e su il colpevol figlio
 già caduta saria la mia vendetta.
 AGAMIRA
 E il saria giustamente.
 Me punisci innocente e il reo punisci.
685Rifletti all’altrui fallo, al tuo periglio;
 non esser padre a chi non è più figlio.
 
    Un figlio crudele ti chiama al rigore
 e un’alma fedele ti chiede pietà.
 
    La vile clemenza fomento è di errore,
690l’afflitta innocenza trofeo d’empietà.
 
 SCENA V
 
 ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 Ah, qual de’ figli è il reo? Qual l’innocente?
 Qual di loro punisco e qual difendo?
 Idaspe... Spiridate....
 Morte, che n’ebbe orror, prevenne il nome
695su le labbra di Arsace
 e a lui tolse la vita, a me la pace.
 
    Ho due figli e non son padre.
 Se ne assolvo un con l’amor,
 quegli forse è il traditor.
 
700   Se poi giusto un ne condanno,
 amor dice che m’inganno
 e mi sento genitor.
 
 Logge di verdura fiorita.
 
 SCENA VI
 
 ASPASIA e poi BERENICE
 
 ASPASIA
 
    Quanto mai v’assomigliate
 tutti a me, vezzosi fiori.
 
705   Con gli ardori il sol v’offende,
 pur del sole i rai bramate.
 Me di sdegni un padre accende,
 m’empie un figlio il sen d’amori.
 
 Odio Artaserse e di virtù è consiglio.
 BERENICE
710E t’empie il sen di giusti amori un figlio.
 ASPASIA
 (M’intese Berenice).
 BERENICE
 Non arrossirne, Aspasia; il foco è degno.
 Ardi pure.
 ASPASIA
                       Ardo sì ma sol di sdegno.
 BERENICE
 Eh, mal ti ascondi. A Berenice neghi
715ciò che dicesti a’ fiori?
 «M’empie» dicesti «un figlio il sen d’amori».
 ASPASIA
 Insidia fu d’un non ben certo affetto
 che giunse al labbro.
 BERENICE
                                        E si partì dal petto.
 ASPASIA
 Ma spaventato poi dal mio rigore,
720fuggì...
 BERENICE
                Lo so. Fuggì dal labbro al core.
 ASPASIA
 Odimi, Berenice. Odio Artaserse
 e seco i figli suoi. Sì dura a loro
 del potermi acquistar scritta è la legge
 che né men dell’acquisto han più la speme
725e il mio sdegno e il mio amor da lor si teme.
 BERENICE
 (Vediam se finge). Io dunque
 potrò senza tua pena esserne amante?
 ASPASIA
 (Oh cimento crudele!) A tuo diletto.
 BERENICE
 Spiridate amerò. (Non mi risponde;
730o ch’è rivale o che il piacer nasconde).
 E tu d’Idaspe a’ voti...
 ASPASIA
 Taci, che in lui solo un nimico vedo.
 BERENICE
 Taccio ma non ti credo.
 
    Senza core non credo quel seno.
735Tanto gelo non credo in quel cor.
 
    Se non arde sia tepido almeno;
 questo basta per arder di amor.
 
    Io ne’ lampi di un ciglio sereno
 ben conosco del petto l’ardor.
 
 SCENA VII
 
 ASPASIA, poi IDASPE e SPIRIDATE
 
 ASPASIA
740Soffrilo in pace, o gloria mia superba.
 Purtroppo ho core in sen, foco nel core.
 IDASPE
 
    Se la speme è fatta indegna,
 alma mia, più non si speri.
 
 SPIRIDATE
 
    Se una colpa amor v’insegna,
745più non si ami, o miei pensieri.
 
 ASPASIA
 Principi, a che venite?
 IDASPE
 A svenar al tuo piede il mio Cupido.
 SPIRIDATE
 Ad estinguere, o cruda,
 con l’ultimo sospir tutto il mio foco.
 ASPASIA
750Così languido mi ami? Ardi sì poco?
 IDASPE
 Un amore, ch’è reo, sempre è infelice.
 SPIRIDATE
 Arder giammai non lice,
 se l’ardore è un periglio.
 ASPASIA
 E questo è cor di amante?
 IDASPE e SPIRIDATE
                                                  È cor di figlio.
 
 SCENA VIII
 
 LIDO con guardie e i suddetti
 
 LIDO
755Principi, perdonate.
 IDASPE
 Che vuoi?
 LIDO
                      La spada. (Accennando ad essi che diano la spada al capitano delle guardie)
 SPIRIDATE
                                          Come!
 LIDO
                                                         Il re dispone.
 L’armi cedete; a questi io vi consegno.
 ASPASIA
 (Ahi, che sarà? Destino!)
 IDASPE
 Ad un vile il mio brando?
 
 SCENA IX
 
 ARTASERSE e i suddetti
 
 ARTASERSE
760Non è vile chi reca un mio comando.
 IDASPE
 Padre...
 ARTASERSE
                  Perché lo fui, più non ti ascolto.
 SPIRIDATE
 A un figlio?...
 ARTASERSE
                            E perché il fosti, or sei più reo.
 La spada ed ubbidite.
 IDASPE
 Ecco il ferro...
 SPIRIDATE
                            L’acciaro...
 ARTASERSE
765Non tocchi la mia destra
 del parricidio lor gli empi stromenti. (Accenna a Lido che prenda le spade de’ principi)
 IDASPE
 I numi...
 SPIRIDATE
                    Il ciel...
 ARTASERSE
                                    Non più. Spergiuri e menti.
 Consolati. Vedrai (Ad Aspasia)
 degli odi acerbi tuoi sazio il furore
770su la vita de’ figli e sul mio core.
 Traeteli là dove il nostro nume
 con maestà temuta inspiri a’ rei
 il tardo orror del fallo; ed essi, in quella
 del giudizio tremendo aperta scena,
775morran pria di vergogna e poi di pena.
 
 SCENA X
 
 ASPASIA, IDASPE e SPIRIDATE
 
 ASPASIA
 Principi, io deggio a voi, benché non pieno,
 però dolce il piacer della vendetta.
 IDASPE
 Che parli?
 SPIRIDATE
                       Che ti sogni?
 ASPASIA
 Al mio piede il tuo amor così si sveni. (A Idaspe)
780Sì, tutto il foco tuo così s’estingua. (A Spiridate)
 Questo sì è cor di amante.
 Or dite, qual di voi vuol la mercede?
 SPIRIDATE
 Chi nulla meritò, premio non chiede.
 
    Più mi è grata
785l’innocenza sfortunata
 che una rea felicità.
 
    È sciagura la ventura,
 quando costa un’empietà.
 
 SCENA XI
 
 ASPASIA e IDASPE
 
 ASPASIA
 Tuo dunque è, Idaspe, il merto.
 IDASPE
790Taci. Lode di colpa è ingiuria atroce.
 ASPASIA
 Pure mi compiacesti.
 IDASPE
 Si fermò nell’udito
 la tua cruda richiesta e fin ad ora
 non giunse al cor l’empio pensiero ancora.
 
795   Nel mirarvi sì spietati,
 vaghi rai, già tanto amati,
 qui mi scordo il vostro amor.
 
    Ma se miei più non sarete,
 voi, bei rai, la colpa avrete,
800io la pena ed io il dolor.
 
 SCENA XII
 
 ASPASIA
 
 ASPASIA
 Aspasia, a questi sensi
 non si arrende il tuo fasto? Ah, sì, s’arrende
 alla pietà che ho del mio amor. Detesto,
 ma forse tardi, l’ire mie. Gli bramo
805ma forse invan gli bramo ambi innocenti.
 Ah, se mai fosse reo,
 e reo per mia cagion, colui che adoro...
 Questo è un pensier in cui mi fermo e moro.
 
    Ah, per chi volete piangere,
810occhi miei, se non piangete
 nel periglio del mio ben?
 
    Questo è il tempo omai di frangere
 quel rigor che racchiudete
 voi ne’ guardi ed io nel sen.
 
 Tempio del Sole.
 
 SCENA XIII
 
 AGAMIRA e CLEOMENE
 
 AGAMIRA
815Tal morì Arsace. A lui,
 non la pietà, chiuse la morte il labbro.
 Il re sa che un suo figlio
 è traditor. Tu gli se’ ignoto e tutta
 sopra i rivali tuoi cade la colpa.
 CLEOMENE
820Innocenti fratelli!
 AGAMIRA
                                   E d’ambi farsi
 qui l’esame dovrà, qui la sentenza.
 CLEOMENE
 Ed io sarò della lor pena ingiusta
 l’autor?
 AGAMIRA
                  L’autor n’è il caso
 che felici ne vuol, senza esser rei.
 CLEOMENE
825Cruda felicità!
 AGAMIRA
                              Vile che sei!
 Così ami Aspasia? I tuoi rivali estinti,
 per chi arderan dell’imeneo le faci?
 CLEOMENE
 Con questa speme, alma ti accheta e taci.
 
    Per goder un ben sì caro,
830più legger mi par l’error.
 
    E sperando almeno imparo
 ad averne men rossor.
 
 SCENA XIV
 
 AGAMIRA
 
 AGAMIRA
 In questi della reggia orridi casi,
 fo core agli altri ed io non l’ho. Sui figli
835cade la mia vendetta e non sul padre.
 Ah, se l’infido a me tornasse... Giovi,
 sì sì, giovi sperar. Al traditore,
 per chiamarlo al mio sen, voli ’l mio core.
 
    Sdegni miei, che far si può?
840Mi convien pur anco amar
 quel crudel che m’ingannò.
 
    E languir e sospirar
 e pregar per ritornar
 in quel sen che mi scacciò.
 
 SCENA XV
 
 ARTASERSE con seguito e poi IDASPE e SPIRIDATE
 
 ARTASERSE
 
845   Gran nume, il cui lume
 dell’ombra disgombra
 la nebbia e l’orror,
 
    che al cielo, che al mondo
 col raggio fecondo
850dai vita e splendor,
 
    tu luce, tu duce,
 di re, giudice e padre,
 tra un figlio parricida e un innocente,
 tu rischiara il pensier, reggi la mente.
 
855Oh figli, che pur figli ancor vo’ dirvi,
 udite e vi atterrisca
 l’enormità del fallo, il sacro loco
 e questa a noi divinità presente.
 Mi s’insidia l’impero;
860mi s’invidia la vita; e v’è chi tenta
 nelle viscere vostre e nelle mie
 insanguinar la scellerata spada.
 IDASPE
 Qual empio?...
 SPIRIDATE
                              Qual rubel?...
 ARTASERSE
                                                         Contro di lui
 parlan di Arsace le ferite e il sangue.
865Queste fur le sue estreme
 voci. Io le udii. Le stese
 la man su questo foglio,
 perch’ebbe orror di proferirle il labbro.
 Su, si confonda il traditor. Leggete.
 SPIRIDATE
870«Per cagion di una donna, e vita e regno
 t’insidia un figlio e nel fraterno sangue
 tenta immerger fellon l’infame acciaro».
 IDASPE
 Per cagion di una donna?
 ARTASERSE
 Qual pallor! Qual silenzio! Alma confusa
875non sa trovar discolpe.
 IDASPE
 Io reo, signor, dell’esecrando eccesso?
 SPIRIDATE
 Io macchinar stragi al fratello e al padre?
 ARTASERSE
 Perfidi, a che occultarvi?
 Un di voi nella reggia uccise Arsace.
880Ei l’attestò morendo.
 E v’è chi ’l vide e chi l’udì presente;
 v’accusa il tempo, il loco; e un re non mente.
 IDASPE
 Forza è alfin ch’io sospetti. Ah Spiridate,
 io tradito da te con tante frodi?
 SPIRIDATE
885Io frodi? Ah, Idaspe, Idaspe,
 tu così le tue infamie in me rivolgi?
 IDASPE
 Tu sei, tu sei l’indegno.
 SPIRIDATE
 Anzi l’amor di Aspasia è il tuo delitto.
 ARTASERSE
 Donde mai nascer vedo i miei perigli!
890Com’è complice Aspasia? (Iniqui figli!)
 IDASPE
 Amai la real donna.
 SPIRIDATE
                                       E n’arsi anch’io.
 IDASPE
 Ognun per sé la chiede.
 SPIRIDATE
                                              Ella tutt’ira,
 perché offesa da te nel morto sposo,
 prezzo alle nozze il capo tuo dimanda.
 IDASPE
895Sa il ciel ciò ch’io risposi.
 SPIRIDATE
 Lo sa s’io detestai l’empia proposta.
 IDASPE
 Ma presto accieca amor.
 SPIRIDATE
                                               Cade ben presto
 una debol costanza.
 IDASPE
 Con la pietà la fellonia si chiude.
 SPIRIDATE
900Chi più cerca ingannar finge virtude.
 ARTASERSE
 Misero re! Misero padre! Tutti
 ti tradiscon, la Grecia, Aspasia, i figli.
 Oh nozze scellerate! Oh giorno infausto
 che portò questa furia a’ nostri lidi!
905E voi, barbara prole,
 vi scordaste di me? Più giustamente
 mi scorderò di voi.
 IDASPE
 Ah, ch’io sono innocente.
 SPIRIDATE
                                                Io non ho colpa.
 IDASPE
 Salvami, o padre, almeno
910dall’insidie dell’altro.
 SPIRIDATE
                                         Oh dio! Ti caglia
 della salute tua, della mia vita.
 ARTASERSE
 Sian racchiusi, o soldati,
 in distinta prigion. Se Aspasia è sola
 che vi spinse al misfatto,
915ella palesi a forza
 quanto sa, quanto fece
 e poi la rea, cagion di tanto scempio,
 all’altrui fellonia serva d’esempio.
 
    Da voi parto e vi consegno
920all’orror del vostro fallo.
 
    A chi lascia d’esser figlio,
 nel suo duol e nel mio sdegno
 sovverrà d’esser vassallo.
 
 SCENA XVI
 
 IDASPE e SPIRIDATE
 
 SPIRIDATE
 Deh, come allor che a me la man porgesti,
925come l’alma non disse:
 «Ella è la man d’un traditor»?
 IDASPE
                                                         Deh come,
 quando al sen mi stringesti,
 non disse l’alma: «Un empio cor vi alberga»?
 SPIRIDATE
 Oh fé tradita!
 IDASPE
                            Oh misera innocenza!
 SPIRIDATE
930Tu innocenza?
 IDASPE
                              Tu fede?
 SPIRIDATE
                                                 Aspasia il dica.
 IDASPE
 Non nominar quella crudel nimica.
 
    Non ricordarti più
 quella fatal beltà.
 
    Per meritar mercé
935in te morì la fé,
 nacque la crudeltà.
 
 SPIRIDATE
 Vanne pur. La tua vista,
 ch’esser solea mio voto e mio contento,
 si cangiò per tua colpa in mio tormento.
 
940   Vibra pure
 ostinate le sventure
 su quest’alma, irato ciel.
 
    Mi condanni il padre a torto,
 il fratel mi voglia morto,
945il mio ben mi sia crudel.
 
 Grottesca deliziosa.
 
 SCENA XVII
 
 AGAMIRA e ASPASIA
 
 AGAMIRA
 Finor son rei del pari.
 ASPASIA
 E pari avran la pena. (Ah, che tormento!)
 AGAMIRA
 L’avran. Ma quel che ti fuggì dal seno
 è sospir di pietade o pur di amore?
 ASPASIA
950Male intendi ’l mio core. È ver, sospira
 ma d’ira invendicata.
 AGAMIRA
 A tuo piacere. (Or qui si giovi al figlio).
 Aspasia, io ti consiglio...
 ASPASIA
 E che?
 AGAMIRA
                Meno di zelo.
955Serva il tuo amore alla comun vendetta.
 Lasciali al caso. Il forte Cleomene,
 che regola di Atene il senno e l’armi,
 arde per te; per esso ardi tu pure.
 So che fosti regina; il so. Ma il duce
960è per noto valor di te ben degno.
 Anch’egli ha spada, onde s’acquisti un regno.
 
    Volgi ’l guardo ad altro amante.
 Incostante
 tu sarai ma non già sola.
 
965   Anche l’ape, se in un fiore
 mancar vede il dolce umore,
 ad un altro allor sen vola.
 
 SCENA XVIII
 
 BERENICE e ASPASIA
 
 BERENICE
 Ahi, Aspasia, che duol! Viene Artaserse
 e da te cerca il reo della congiura.
 ASPASIA
970Venga.
 BERENICE
                Ma quale, oh dio!
 colpevole dirai?
 ASPASIA
                                Nissun di loro.
 L’uno perché non deggio,
 l’altro perché l’adoro.
 BERENICE
 Dunque cadranno entrambi?
 ASPASIA
975E pur convien tacere.
 Così ’l mio affetto in ambidue difendo.
 BERENICE
 Io qui la vita o qui la morte attendo.
 
 SCENA XIX
 
 ARTASERSE e le suddette
 
 ARTASERSE
 Aspasia, agli odi tuoi,
 onde spento mi brami, io non favello.
980Non favello all’amore
 che de’ figli nel seno empia accendesti.
 Tutto perdono al sesso; al fresco duolo
 delle perdite tue tutto perdono.
 Al viver tuo ragiono.
985Scopri qual sia de’ figli
 ministro a’ tuoi consigli...
 BERENICE
 (Ahi, che dirà? Che spero?)
 ASPASIA
 Parla agli odi, se vuoi. Questi han per gloria
 il risponder. Diranno:
990«Non è colpa odiar chi troppo offese».
 «Parla all’amor» risponderanno i figli.
 Cercai fors’io di loro? È ver, proposi
 prezzo del letto mio la tua caduta.
 Negaro allor costanti e vidi io stessa
995nel volto lor tutto l’orror dell’opra.
 Che vinto dal desio poscia un di loro
 cercasse di piacermi,
 è colpa d’essi, anzi di te che sei
 odioso a’ nimici, a’ figli, a’ dei.
 BERENICE
1000(Respiro e mi consolo).
 ARTASERSE
 Sì ardita ancorché rea?
 ASPASIA
 Rea sarò perché taccio il parricida?
 Torno a dir, non mi è noto,
 se non che ognun di essi è mio nimico.
1005Alla patria, alla Grecia, al mondo il dico.
 ARTASERSE
 Muoiano dunque entrambi e tu con essi.
 BERENICE
 Cieli! Mio bene! Aspasia!
 ASPASIA
 Che far poss’io?... (Ma parte il crudo). Ah ferma.
 (Berenice! Mio cor! Stelle! Chi accuso?)
 BERENICE
1010E morrà Spiridate?
 ARTASERSE
                                       E seco Idaspe.
 BERENICE
 (Serba, Aspasia, il mio bene). (Ad Aspasia)
 ASPASIA
 (Amicizia, che dici? Amor, che vuoi?)
 ARTASERSE
 Né ancora il reo mi sveli?
 ASPASIA
 (Crudelissimi cieli!)
 BERENICE
1015(Pietà della mia speme).
 ASPASIA
 (E tradirò me stessa?)
 ARTASERSE
 Orsù, corro al rigor.
 BERENICE
                                       (Soccorso, oh dei!)
 ARTASERSE
 Vedo nel tuo tacer che ambo son rei.
 ASPASIA
 Ah, ferma...
 BERENICE
                         Io so il fellone, odi, trattienti.
 ASPASIA
1020Berenice, che tenti?
 Ascolta. Idaspe...
 BERENICE
                                  Segui. Idaspe è reo.
 ASPASIA
 Idaspe...
 ARTASERSE
                   È il traditor?
 ASPASIA
                                             Perdona, o cara.
 Idaspe non errò. (Ad Artaserse)
 BERENICE
                                  (Sentenza amara!)
 ASPASIA
 Non errò; tu l’assolvi e tu il difendi,
1025se fra i nimici han forza e loco i pianti.
 L’innocente già il sai, se a me tu il chiedi.
 Se cerchi ’l reo, non lo dirò ma il vedi.
 ARTASERSE
 Sì sì, scoperto è il reo,
 se palese è l’amante. Ama costei
1030e assai più che pietà quel pianto esprime.
 Idaspe favorito è il parricida.
 Orsù, morranno entrambi,
 l’uno perché l’incolpi e reo lo chiami,
 l’altro perché l’assolvi e perché l’ami.
 
 SCENA XX
 
 ASPASIA e BERENICE
 
 BERENICE
1035Ferma, ferma. Innocente
 è Spiridate. Il giurerò su questa,
 che infelice mi resta, ultima vita.
 Tu piangi, Aspasia? Ingrata Aspasia, e taci?
 ASPASIA
 Deh fuggi, Berenice.
1040Una furia son io.
 Perduta ho la pietà, rotta la fede;
 sacrilego è il pensier, spergiuro è il core;
 l’amicizia è tradita, è morto amore.
 
    Mi tormenta, mi cruccia, m’affanna
1045il rimorso, lo sdegno, il furor.
 
    Si tradisce, si perde, s’inganna
 e l’amica e l’amante e l’amor.
 
 BERENICE
 Povera Berenice!
 Misero Spiridate! Oh dio! Già vedo
1050cader la falce in sul tuo collo. Il colpo
 col mio cor si divide.
 Seco si mora. Occhi piangete intanto,
 che ben si deve a quel bel sangue il pianto.
 
    Quando perde la speranza,
1055lice allor che pianga amor.
 
    Insensata è la costanza,
 se tradisce col tacer
 il dover d’un gran dolor.
 
 Il fine dell’atto secondo